




Fascismo
Il fascismo fu un movimento politico italiano del XX secolo, rivoluzionario e reazionario[1], di carattere nazionalista e autoritario, che sorse in Italia per iniziativa di Benito Mussoliniprima guerra mondiale.
Di ispirazione sindacal-corporativa, combattentistica[2] e organicista[3], si costituì in regime dittatoriale negli anni Venti. Il fascismo si descrive come una terza via tra capitalismo liberalecomunismo marxista, basata su una visione organicista, corporativista e totalitaria dello Stato. Radicalmente e violentemente contrapposto al socialismo e al comunismo e pur riconoscendo la proprietà privata, il fascismo rifiuta infatti anche i principi della democrazia liberale.
Nacque in parte come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle forti lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso[4] in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della prima guerra mondiale,[5] unendo aspetti ideologici tipici dell'estrema destra (nazionalismo, militarismo, espansionismo, meritocrazia) con quelli dell'estrema sinistra (primato del lavoro, rivoluzione sociale e generazionale, sindacalismo rivoluzionario soreliano), inserendovi elementi ideali originali e non, quali l'aristocrazia dei lavoratori e dei combattenti, la concordia fra le classi (principio organicista),[6] il primato dei doveri dell'uomo sui diritti (originariamente concepito da Giuseppe Mazzini), e il principio gerarchico, portato al suo culmine dell'obbedienza cieca e pronta al capo di alcuni reparti d'assalto (Arditi) durante la Grande Guerra[7]
Si riporta qui la definizione di fascismo data da colui che ne fu l'ideatore e il capo, Benito Mussolini:
| « Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare |
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Fra le innumerevoli interpretazioni successive del fascismo si riporta la seguente di Lelio Basso
| « Il fascismo è stato un fenomeno più complesso, in cui hanno confluito e si sono incontrate componenti diverse, ciascuna delle quali aveva naturalmente le sue radici nella precedente storia d'Italia per cui è assurdo parlare del fascismo come di una parentesi che bruscamente interrompe il corso della nostra storia, ma neppure si può affermare che esso sia semplicemente il logico punto d'approdo di questo corso precedente. Se il fascismo trova indubbiamente le sue origini nel nostro passato risorgimentale, se le componenti (...) sono venute maturando attraverso il tempo talché si può dire che costituiscano dei filoni ininterrotti tuttavia ciò che determinò il loro incontro in una sintesi nuova fu la guerra mondiale e la crisi del dopoguerra che, virulentando i germi preesistenti, fece esplodere in forma acuta quelle che erano state fin allora delle malattie croniche del nostro organismo. Ci sono quindi nel fascismo elementi di continuità ed elementi di novità e di rottura rispetto alla storia precedente: gli elementi di continuità sono appunto quelle malattie croniche, quegli squilibri tradizionali che in parte affondano le loro radici nei secoli passati e in parte sono un portato del processo risorgimentale, del modo cioè come l'Italia giunse ad essere uno Stato unitario e moderno, mentre l'elemento di novità è la virulentazione sopravvenuta con la guerra e il dopoguerra che, mettendo in crisi i precari equilibri precedenti, fa scoppiare tutte le contraddizioni e precipita la situazione italiana fino al punto di rottura, determinando una sintesi nuova, un equilibrio nuovo, un fenomeno nuovo che appunto s'è chiamato fascismo.[8] » |
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Etimologia del termine
Il nome fascismo deriva da Fasci di combattimento fondati nel 1919 da Benito Mussolini[9]origine etimologica dalla parola fascio (in lingua latina: fascis). Il riferimento era ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo del potere legittimo, e poi passati ai movimenti popolari e rivoluzionari come simbolo di unione dei cittadini (per tale motivo, il fascio è tutt'oggi presente nelle panoplie nazionali americana e francese). L'ascia presente nel fascio simboleggiava il supremo potere di ius vitae necisque, diritto di vita o di morte, esercitato solo dalle massime magistrature romane, mentre le verghe erano simbolo dell'ordinaria potestà sanzionatoria, e materialmente usate dai littori per infliggere la pena (non capitale) della verberatio.
Indice |
Nascita e sviluppo (dalle origini alla dittatura) [modifica]
Il fascismo nacque ufficialmente il 23 marzo 1919 a Milano. Quel giorno a Piazza san Sepolcro n°
Il programma di questo gruppo fu essenzialmente volto alla valorizzazione della vittoria sull'Austria Ungheria, alla rivendicazione dei diritti degli ex-combattenti, al "sabotaggio con ogni mezzo delle candidature dei neutralisti". Seguì quindi un programma economico-sociale che prevedeva - fra l'altro - l'abolizione del Senato, tasse progressive, pensione a 55 anni, giornata lavorativa di otto ore, abolizione dei Vescovati, sostituzione dell'Esercito con una milizia popolare.
Un fondamentale contributo alla nascita del fascismo fu dato dal movimento dello Squadrismo, ovvero l'organizzazione di squadre paramilitari con le quali si realizzò una sistematica demolizione dei movimenti politici rivali (socialisti, popolari, comunisti, sindacalisti) e la progressiva occupazione - con mezzi legalitari e illegali - di posizioni chiave nelle amministrazioni comunali.
Le squadre, che giunsero a raccogliere 300.000 aderenti,[11] fornirono il nerbo della forza golpista con la quale, il 28 ottobre 1922 il Fascismo forzò la mano al sovrano Vittorio Emanuele III marciando su Roma.
Con il congresso di Roma del 9 novembre 1921 il fascismo si trasformò da movimento in partito. In seguito alla marcia su Roma del 28 ottobre il rE Vittorio Emanuele II incaricò Benito Mussolini di formare un nuovo governo. Mussolini si presentò alla Camere con un governo di coalizione formato soprattutto da esponenti liberali, cattolici e da alcuni esponenti moderati dal Partito Fascista, ed ottenne la fiducia . Il programma politico aveva subito una serie di aggiustamenti con l'obbiettivo di favorire gli abboccamenti con le forze conservatrici e reazionarie, le quali iniziarono quasi da subito a finanziare il movimento.[12]
Con l'arrivo al potere, Mussolini intraprese una politica di riassetto delle casse dello stato, di liberalizzazioni e riduzioni della spesa pubblica. Venne riformata la scuola dietro impulso del filosofo Giovanni Gentile. D'altro canto diede seguito ad una serie di rivendicazioni delle associazioni combattentistiche, e dei sindacati fascisti, garantendo le pensioni e le indennità ai reduci e ai mutilati e rendendo obbligatoria la giornata lavorativa di otto ore agli operai. In politica estera, l'Italia accettò i patti siglati a Locarno con la Iugoslavia, ma ebbe la protezione delle minoranze italiane in Dalmazia e l'autonomia di Fiume (che nel 1924 venne riunita alla madrepatria). Infine ci fu anche la revisione - a favore dell'Italia - dei confini delle colonie in Tripolitania e Cirenaica con gli imperi coloniali di Francia e Gran Bretagna. [13]
La presenza tuttavia di un'ala oltranzista nel PNF, rappresentata da elementi estremisti come Italo Balbo e Roberto Farinacci, impedì la "normalizzazione" delle squadre d'azione, che continuarono ad imperversare nel paese spesso fuori da ogni controllo.[14] Ne fecero le spese numerosi antifascisti, il più importante dei quali, Giacomo Matteotti, venne assassinato in seguito ad un tentativo di rapimento da parte di una banda di squadristi capeggiata da Amerigo Dumini. La cosiddetta "crisi Matteotti" che ne seguì mise il governo Mussolini di fronte ad un bivio: continuare a governare legalitariamente, rispettando quantomeno nella forma lo Statuto, oppure imprimere una svolta autoritaria. Mussolini, premuto dai ras dello squadrismo, optò per la seconda scelta. Il fascismo divenne dunque dittatura.[15]
I passaggi successivi con cui il governo Mussolini si trasforma in dittatura sono i seguenti:
- 3 gennaio 1925 - Discorso delle "leggi fascistissime". Mussolini rivendica la responsabilità morale dell'omicidio di Matteotti e annuncia provvedimenti straordinari contro le opposizioni.
- 2 ottobre 1925 - Patto di Palazzo Vidoni (perfezionato con la legge Rocco del 3 aprile 1926) che riduce i sindacati a due, uno per i lavoratori e l'altro per il padronato, abolisce il diritto di sciopero (per gli operai) e di serrata (per il padronato) e riconduce le controversie fra lavoratori e datori di lavoro all'arbitrato dello stato e delle corporazioni.
- 24 dicembre 1925 - Il capo del governo viene dichiarato non più responsabile di fronte al Parlamento, ma solo nei confronti del sovrano.
- 31 ottobre 1926 - Mussolini subisce un attentato da parte di Tito Zaniboni in seguito al quale vengono abolite la libertà di stampa per l'antifascismo, i partiti e le organizzazioni antifasciste e si dichiarano decaduti i deputati della Secessione dell'Aventino.
Cenni di storia del Fascismo (dalla dittatura alla caduta)
In seguito alla crisi del 1924-25 il regime fascista - fino ad allora al governo in maniera statutaria - subità una svolta autoritaria che porterà all'abolizione delle libertà democratiche e alla realizzazione di una dittatura con aspirazioni totalitarie. Il potere relativamente ampio del regime mussoliniano, ottenuto tramite la soppressione poliziesca dell'opposizione politico-partitica e il contemporaneo ottenimento di un vasto consenso interno, consentirà al fascismo di imprimere radicali modificazioni al paese, alla sua società, alla sua cultura e alla sua struttura economica.
Nel corso dei due decenni di governo, detti Ventennio, il fascismo cercherà anche di imporre la propria visione antropologica al popolo italiano attraverso politiche educative, culturali, eugenetiche e infine attraverso una legislazione razzista ed antisemita.
In politica estera, il regime promuoverà prima una blanda revisione dei trattati di pace del 1919 per assicurare contemporaneamente una maggiore forza all'Italia e la stabilità in Europa, ma in seguito al sorgere del nazismo in Germania a metà degli anni trenta, il regime si vedrà costretto ad una spirale di scelte tali che nel suo ultimo quinquennio il fascismo finì col legarsi sempre più al regime nazista, con il quale finirà coinvolto nella Seconda guerra mondiale.
L'esperienza bellica sarà disastrosa per il regime e per il paese. L'invasione alleata delle regioni meridionali portò prima ad un colpo di stato militare, che in una sola giornata spazzò letteralmente via il regime - oramai completamente privato di consenso popolare - e quindi ad una divisione della penisola in due tronconi, occupati rispettivamente da Asse al nord ed Alleati al sud. Questa divisione consentì una temporanea rinascita del fascismo nelle regioni settentrionali, dove esso organizzò uno Stato di fatto (Repubblica Sociale Italiana, RSI) riconosciuto solo dai paesi dell'Asse.
Negli ultimi venti mesi di esistenza il fascismo fu coinvolto nella guerra civile con le formazioni partigiane che fiancheggiavano l'avanzata alleata.
Alla fine di aprile 1945 con il crollo del fronte e l'insurrezione popolare proclamata per il giorno 25 dal Comitato di Liberazione Nazionale,
Filosofia politica, ideologia e prassi del Fascismo
Il fascismo nasce come movimento politico filosoficamente a carattere prettamente idealista,[30][31] e pragmatico.[32]
Storicamente il fascismo si è estrinsecato in una serie di posizioni, di volta in volta supportate da un'ampia e roboante propaganda, apparentemente contraddittorie - se non incoerenti - fra loro. Per tale motivo, nell'analizzare il fenomeno fascismo occorre scindere il fascismo "ideale" da quello "reale" esattamente come si fa per il marxismo, considerando che il modus operandi del fascismo storico fu dettato dalle circostanze tanto quanto dall'ideologia e dalla filosofia, e che a circostanze diverse la medesima ideologia è stata cambiata e piegata dalla filosofia originaria del movimento.[33]
Il fascismo come idea
Il fascismo si percepisce come movimento nazionalista, il cui obiettivo finale è "una più grande Italia".[34] Secondo i pensatori fascisti e lo stesso Mussolini, questo obbiettivo si inquadra in una visione della storia di tipo conflittuale, nella quale società a base più o meno nazionale si incontrano, concorrono fra loro e - se necessario - si scontrano. E - per necessità darwiniana - in questo scontro sopravvivono solo le nazioni compatte al proprio interno, da cui discende la necessità di trovare una sintesi hegeliana della lotta di classe e delle esigenze dello stato, tramite l'obbligo per ciascun cittadino (prestatore d'opera o capitalista) a concorrere ad una concordia nazionale nel nome della produzione (industriale, agricola, bellica, etc., fonte di ricchezza per l'intera comunità nazionale e di potenza per lo Stato).
All'origine del movimento vi è l'idea mussoliniana della nascita, nelle trincee della Grande Guerra e nelle fabbriche della produzione bellica di una nuova aristocrazia dei combattenti (trincerocrazia) e dei lavoratori, che realizzi, appunto, "la sintesi dell'antitesi classe-nazione".
| « Voi oscuri lavoratori del Dalmine, avete aperto l'orizzonte. È il lavoro che parla in voi, non il dogma idiota o la chiesa intollerante, anche se rossa, è il lavoro che ha consacrato nelle trincee il suo diritto a non essere più fatica, miseria o disperazione, perché deve diventare gioia, orgoglio, creazione, conquista di uomini liberi nella patria libera e grande oltre i confini » |
| (Benito Mussolini, Discorso del Dalmine, 20 marzo 1919, in "Tutti i discorsi - anno 1919") |
La concordia interna al paese viene sostenuta con argomentazioni organiciste e con l'affermazione metafisica che
Cardine fondamentale della filosofia fascista è l'assoluta preminenza dello Stato e tramite questo del partito fascista (che se ne considerava al servizio), in ogni aspetto della vita politica e sociale. In questo senso il fascismo si pone come un movimento politico di stampo neohegeliano propugnando lo stato etico.
Organicismo e stato etico hanno come conclusione logica la proclamazione del totalitarismo, nel IV Congresso del PNF (1925) per voce dello stesso Mussolini. Lo Stato totalitario avoca a sé tutte le prerogative e i diritti e pervade in maniera "totalitaria", appunto, le esistenze dei suoi cittadini.
La concezione fascista dell'uomo prevede la negazione del cosiddetto homo economicus, visione che gli ideologi fascisti sostengono accomuni liberalismo e marxismo, per proporre una visione differente.
| « Noi abbiamo respinto la teoria dell'uomo economico, la teoria liberale, e ci siamo inalberati tutte le volte che abbiamo sentito dire che il lavoro è una merce. L'uomo economico non esiste, esiste l'uomo integrale che è politico, che è economico, che è religioso, che è santo, che è guerriero. » |
| (Benito Mussolini, Discorso del 14 novembre 1933, in "Tutti i discorsi - anno 1933") |
Il fascismo è filosoficamente debitore di due opposte e differenti correnti di pensiero ottocentesche: da un lato vi è una corrente che si potrebbe definire "di sinistra", che si pretende ispirata a personaggi come Sorel, Proudhon, Corridoni e ai Futuristi, che propugnavano la rivoluzione, il sindacalismo combattente, l'ascesa della violenza come irrazionale ma decisiva soluzione ai problemi e alle aporie della logica e della democrazia liberale.[35]XIX secolo, in generale contraddistinte dalla critica contro il materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare un'idea romantica, di una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società, ciascuno nel suo ambito, collaborano per il bene comune. Da questo promana la critica alla democrazia liberale e alla società di massa "che avvilisce l'uomo" (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che sul finire del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (in particolare Oswald Spengler, autore del famoso saggio Il tramonto dell'Occidente).
Infine, non meno importante, soprattutto in Mussolini, è l'influenza del pensiero di Nietzsche, che - sebbene sommamente impolitico - permea continuamente il modus cogitandi del capo del fascismo.[36]
Il fascismo come ideologia
Sebbene il fascismo, come si è visto, si proclamasse anti-ideologico una "ideologia" del fascismo fu elaborata negli anni venti e successivamente stilata in un articolo scritto da Giovanni Gentile durante il suo incarico di ministro dell'Istruzione e poi siglato da Mussolini, che però venne applicata solo in parte. In particolare essa non fu mai rigidamente codificata, sebbene abbondassero durante tutto il ventennio le "volgarizzazioni" e i "catechismi", che ebbero più che altro funzione propagandistica verso il popolo minuto. In pratica, però, nell'elite dirigente e intellettuale del Regime si dibatté aspramente sui vari indirizzi da dare alla politica italiana, e il fascismo oscillò spesso fra posizioni diversissime e - apparentemente - contraddittorie.[37]
Fra gli aspetti ideologici del fascismo che occorre citare, vi sono i seguenti [38]
- Il culto di Roma - Il fascismo si propone come ideale rinnovatore dei fasti di Roma antica.
- Il culto della giovinezza - Il fascismo si considerava innanzitutto una rivoluzione generazionale. Mussolini è stato il più giovane primo ministro dell'Italia unita e attraverso il Futurismo il fascismo ha assorbito il mito della gioventù.
- Il culto della violenza - Nascendo dagli arditi e dai futuristi e dal sindacalismo rivoluzionario di Sorel il fascismo fa suo ed esalta il culto della violenza.
- Il "principio del capo" - Anche questo mediato dagli arditi, prevede una concezione gerarchica e piramidale del mondo. Viene dunque esaltata l'obbedienza, anche cieca, irrazionale e totale[39]
- Il corporativismo, inteso come superamento sindacal-organicista del socialismo e del liberalismo.
In particolare quest'ultimo addentellato divenne sempre più importante nel fascismo a partire dalla Grande Crisi del 1929, tanto da poter essere considerato più un aspetto genetico del fascismo che non semplicemente ideologico.
Il fascismo opposto alla democrazia
La prima critica che il fascismo fa alla democrazia è il paradosso insito in se stessa, ovvero se la maggioranza delle persone desiderasse un governo antidemocratico, la democrazia cesserebbe di esistere. Tuttavia se si opponesse cesserebbe di essere democrazia in quanto andrebbe contro alla volontà della maggioranza. Quindi si sostiene che in pratica la democrazia non può esistere, è solo una teoria utopica.[citazione necessaria]
Questo discorso non vale per i regimi fascisti veri e propri, in quanto fondamentalmente il fascismo rifiuta la democrazia, proprio in virtù delle consapevolezze sopra espresse. Anche per questo motivo generalmente i fascisti non vedono un modello fascista nelle dittature classiche di destra.[citazione necessaria] Il fascismo quindi non si considera una "crociana" esigenza temporanea, ma un sistema politico a se stante a tutti gli effetti. La "Terza via" contrapposta tanto alla destra reazionaria quanto alla sinistra marxista.
Il fascismo sostiene che le "autoproclamatesi" democrazie siano in realtà effettivamente partitocrazie[citazione necessaria] plutocratiche, cioè l' opposto rispetto al significato letterale di "democrazia".
Questa considerazione viene da un aspetto dell' origine del fascismo, che è riassunta nel famoso discorso di Benito Mussolini nella frase
Per l' autore il significato era il superamento del sistema partitocratico nella consapevolezza che per i problemi di una nazione non esistono soluzioni valide una quanto l' altra a seconda dei punti di vista (o meglio del punto di vista del partito a cui si appartiene) ma una soltanto migliore su tutte. Ed il fascismo secondo il suo fondatore avrebbe dovuto rappresentare una forma di governo al di sopra delle divergenti opinioni dei partiti. Questo certamente contrasta con l' esistenza stessa del Partito nazionale fascista. Tuttavia come si legge nel paragrafo seguente, il fascismo sussistito nell' Italia del ventennio fu molto diverso da quello inizialmente prefigurato da Mussolini.[42] In uno stato come l' Italia i poteri erano, allora come oggi, molti e diversificati, il che impediva un accentramento del potere in una sola persona.[43] Il fascismo "reale" Pochi punti fermi dell'ideologia fascista furono sempre rispettati, cambiando di volta in volta la politica contingente, attraverso una visione pragmatica quando non cinica: fra essi, il principio di "una più grande Italia"; il principio del "primato del Duce"; il principio dei "doveri dell'uomo". Tutto il resto, dalla politica economica (di volta in volta liberista nel suo primo periodo, statalista dopo la crisi del 1929, infine socializzatrice durante il periodo repubblicano) a quella estera (con le alleanze oscillanti, l'anticomunismo accompagnato dal riconoscimento dell'URSS), a quella militare (militarismo per le masse, accompagnato da una progressiva riduzione delle spese per le Forze Armate[44]), fu di volta in volta determinato dalle direttive mussoliniane. Il fascismo visse infatti soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta. Inoltre questo portò ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto: un fenomeno che ha preso il nome di "mussolinismo".
Ulteriori sviluppi filosofici ed ideologici Nel corso della sua attività venticinquennale il fascismo sviluppò una serie di temi filosofici o ideologici che in origine non erano presenti (o lo erano solo in maniera embrionale). Razzismo e antisemitismo Alla fine degli anni trenta il fascismo iniziò ad elaborare una serie di teorie razziste ed antisemite, in parte ad imitazione di ciò che stava avvenendo parallelamente in Germania. In seguito ad una feroce campagna di stampa (in parte pagata segretamente da agenti tedeschi incaricati da Goebbels)[45] si giunse ad approvare in fasi successive delle leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei e delle popolazioni non indoeuropee delle colonie. In queste ultime si puntò alla realizzazione di una sorta di sviluppo separato (apartheid) del genere praticato in quel periodo già in alcune colonie britanniche e negli stati del sud degli Stati Uniti. In seguito i provvedimenti discriminatori[46] si estesero anche ai cittadini italiani e libici di religione israelita, con un progressivo allontanamento della maggioranza di essi dalla vita pubblica italiana. Venne anche promulgato un Manifesto della razza, nella stesura del quale oltre a nomi dell'accademia italiana vi era anche la mano di Mussolini. Nel 1938 Benito Mussolini espose il suo pensiero circa la questione razziale in questa maniera:
Mussolini, in merito all'insorgere di una questione ebraica per il fascismo, poi, così proseguiva:
Il razzismo fascista prese varie forme, nel tentativo di distinguersi da quello nazista[47] , e in esso convissero sia la convinzione del razzismo biologico che quella del razzismo spirituale[48], invece generalmente assente nei razzismi nazista e in quelli di altri paesi. Un importante contributo all'antisemitismo fascista venne anche da taluni ambienti cattolici, sebbene il Vaticano non abbia mai nè approvato, nè appoggiato ufficialmente i provvedimenti antisemiti. Nessun documento proverebbe invece pressioni ufficiali e dirette da parte tedesca[49] durante la genesi dei provvedimenti razziali. A differenza degli altri razzismi del suo tempo, quello fascista è solo tangente alle politiche eugenetiche condotte dal regime, che erano fondamentalmente razziste nella Germania nazista e invece assenti nei razzismi coloniali e post-schiavisti rispettivamente britannico e statunitense. Infatti sebbene i provvedimenti per la difesa della razza prevedessero l'apartheid degli ebrei e dei non-indoeuropei rispetto agli italiani ariani, tutte le provvigioni e le iniziative a carattere eugenetico (ginnastica, colonie per l'infanzia, sanatori, Opera Maternità e Infanzia etc.) proposte e imposte dal regime continuarono ad applicarsi anche ai sudditi di cittadinanza libica e a quelli dell'AOI, almeno fino al 1942[50]. L'idea di Impero (neoghibellinismo) Il continuo ritorno ad un'idea di romanità portò come logica conseguenza l'affermarsi di teorie filosofiche neo-ghibelline, ovvero propugnanti la ricostituzione di un Sacro Romano Impero che si ricongiungesse in qualche misura con una mistica tradizione ancestrale, e alla fine proponesse il superamento del fascismo in una forma di nuovo imperialismo spirituale e supernazionale, a carattere essenzialmente anticristiano. Alfiere di queste tesi fu Julius Evola, il quale rimase tuttavia alquanto isolato nell'ambito del dibattito culturale e filosofico fascista, dominato invece da logiche nazionaliste e da forti correnti cattoliche che poco spazio intendevano lasciare al cosiddetto imperialismo pagano propugnato dal filosofo. Questa idea trovò in seguito sponda e nuovi argomenti in alcuni ambienti nazionalsocialisti e si diffuse soprattutto nel dopoguerra fra i movimenti neofascisti e tradizionalisti. Secondo la teoria di Julius Evola, il fascismo si configurerebbe come una delle tante manifestazioni storiche del concetto più ampio di Tradizione, ovvero di una società basata sui valori di gerarchia, militarismo e misticismo. In quest'ottica diverrebbero forme di Fascismo in senso lato le più disparate esperienze storiche: da Sparta e Roma alle società celtiche, nordiche e germaniche, al Sacro Romano Impero[51]. La creazione dell'uomo nuovo Fin dal suo inizio il fascismo sentì il bisogno di farsi interprete del famoso adagio "Fatta l'Italia occorre ora fare gli italiani". Fin nel suo inno, Giovinezza[52] si canta degli italiani "ricreati"
A questa esigenza storica nel pensiero fascista si aggiunge il superomismo nietzeschiano, così come si era diffuso nella cultura europea a cavallo fra otto e novecento, con le sue contraddizioni, volgarizzazioni ed equivoci. Il progetto fascista - anche questo mai davvero codificato rigidamente - si basava su un aspetto mitico (quello del superuomo) e un aspetto pratico (quello di portare il popolo italiano ad uno standard qualitativo ritenuto superiore). Per questo secondo aspetto, di volta in volta il fascismo individuò alcuni modelli, il primissimo del quale, per ovvi motivi cronologici e ideologici, fu il trincerista, l'uomo proveniente dal fronte della Grande Guerra, esaltato da Mussolini come prototipo di una nuova realtà ideale - ma anche biologica - del popolo italiano. In un secondo momento si aggiunse e sovrappose al primo quello del popolano, in particolare il popolano trasteverino.[53] L'uomo nuovo immaginato dai pensatori fascisti era essenzialmente un modello anti-borghese: giovanile, vigoroso, rude, pragmatico, strafottente, disciplinato. Legato alla tradizione e contemporaneamente proiettato nell'epoca della macchina. Un misto di legionario e colono romano e di aviatore futurista. Il fascismo si propose di realizzare la mutazione antropologica del popolo italiano in questa direzione attraverso un'educazione intellettuale - basata sull'esposizione continua di modelli storici e mitologici che fossero di esempio (Balilla, Cincinnato, Muzio Scevola, Ettore Fieramosca, Cesare Battisti etc.) e un assiduo martellamento propagandistico a base di slogan eroici (Osare, durare, vincere; noi ce ne freghiamo e tireremo diritti). Fisicamente si intendeva riformare eugeneticamente il popolo, spingendolo (e costringendolo) ad una vita sportiva e spartana, nella quale la figura e l'esempio del Duce - così come veniva rappresentato dalla propaganda - doveva essere considerato come l'obbiettivo finale di ciascun italiano e fascista. In questo quadro si inseriscono le - talvolta maldestre - campagne volute da Achille Starace, quale l'abolizione della stretta di mano, il sabato fascista, le esibizioni ginniche cui erano obbligati a partecipare i membri del partito, con "gare di ardimento". E anche in questo senso và inserito uno dei motivi scatenanti del razzismo fascista, secondo l'intenzione mussoliniana di sferrare un cazzotto allo stomaco del popolo italiano per costringerlo ad assumere l'atteggiamento e la volontà di "razza padrona".[54] In sostanza il fascismo tentò - senza alcun successo - di "raffinare" il popolo italiano di quegli aspetti che secondo la propria filosofia erano negativi, raffinando e facendo trionfare invece quelle che erano ritenute - sempre secondo il punto di vista fascista - virtù italiane. François Furet riscontra un'affinità - mutatis mutandis - con il bolscevismo: "Le passioni suscitate dal militante fascista non sono le stesse che invoca il bolscevismo, ma sono della stessa natura. Al posto dell'uguaglianza sociale c'è la patria reinventata come un'utopia comunitaria... Quanto ai mezzi, quelli consigliati o adoperati dal movimento fascista sono già presenti nell'arsenale bolscevico: se servono alla causa, sono tutti buoni"[55]. Il mito del Sangue contro l'Oro Originariamente nato come slogan propagandistico per giustificare l'inferiorità di mezzi italiana rispetto a quella dei suoi nemici sui fronti della Seconda guerra mondiale, questa parola d'ordine acquisterà via via sempre più importanza nell'immaginario collettivo dei fascisti, colorandosi anche di antisemitismo. Grande diffusione a questa parola d'ordine verrà con la canzone Battaglioni M di Auro d'Alba e M. Pellegrino del 1942, che recita
dove per "giuda" si intende tanto il traditore per eccellenza (già in alcuni ambienti fascisti si sentiva "puzza di tradimento" e di sabotaggio dello sforzo bellico italiano)[56] quanto l'israelita, identificato dalla propaganda razzista come fonte d'ogni male e corruttore - tramite appunto l'oro, le mollezze, e le blandizie - di una sana, spartana e virile razza italiana.[57] Da "parola d'ordine" a pilastro ideologico del fascismo nel suo legame con l'Asse, il mito del "Sangue contro l'Oro" sarà uno dei principali deragliamenti dell'originaria linea fascista - pragmatica, anti-ideologica ed idealista - nel regno di una visione del tutto ideologica, e pertanto necessariamente avulsa dalla realtà, del mondo. L'oro diventa infatti simbolo della prevalenza delle armi alleate su quelle dell'Asse sui fronti bellici, tanto perché con esso si comprano i mezzi con cui le truppe italotedesche venivano ributtate indietro a partire dalla fine del 1942, quanto perché con esso si compravano i traditori che "pugnalavano alla schiena" lo sforzo bellico dell'Asse. In questo senso assume le coloriture di una giustificazione della disfatta, causata - appunto - non dagli errori dei capi dell'Asse o dal valore del nemico ma da una "sleale" preponderanza di mezzi materiali, che sono riusciti a schiacciare la "superiorità spirituale" dei popoli dell'Asse. Con la sconfitta del maggio 1945 il mito del "sangue contro l'oro" sarà fra i principali leitmotiv consolatori dei reduci fascisti e porterà ad una serie di ricostruzioni storiche ex post basate su una dicotomia manichea fra "nazioni proletarie e povere dell'Asse" - forti solo dei loro buoni diritti e dell'eroismo delle loro truppe - contro le "nazioni plutocratiche, giudaiche e comuniste" - che invece trionfano grazie all'inganno, al tradimento, alla superiorità numerica e, soprattutto, all'oro con cui avrebbero "comprato" in varie misure la vittoria finale. Queste tesi si sposano poi con la convinzione che le nazioni dell'Asse fossero portatrici di valori spirituali ("il sangue") alieni a quelle Alleate, invece rappresentanti di un mondo materialista, capitalista e\o marxista ("l'oro"). Essendo quindi il capitalismo finanziario e speculativo visto come massimamente dominato da elementi ebraici (il "grande capitale giudaico") e il marxismo-leninismo un'ideologia concepita e sviluppata da pensatori di origine ebraica (Carlo Marx, Lev Trotsky, Rosa Luxemburg), il tutto veniva ad essere interpretato in chiave antisemita, come uno sforzo del "complotto mondiale giudaico" contro "l'Europa Ariana". L'Era fascista La volontà del fascismo di incidere in maniera decisiva nella storia si manifestò con l'istituzione della cosiddetta Era fascista, ossia una particolare numerazione degli anni che faceva riferimento al giorno successivo alla Marcia su Roma. Il primo anno dell'Era fascista comincia quindi il 29 ottobre 1922 e termina il 28 ottobre 1923. Il riferimento diretto era alla Rivoluzione francese[58]. Il calendario in uso rimaneva quello gregoriano, mentre venivano indicati in maniera diversa solo gli anni. In genere veniva adottata una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romaneEra fascista. L'Era fascista fu istituita il 25 dicembre 1926 e l'uso diventò obbligatorio negli atti pubblici dal 29 ottobre 1927 (primo giorno dell'anno VI dell'Era fascista). L'Era fascista rimase in vigore durante tutto il governo Mussolini e, nella Repubblica sociale italiana, fino all'aprile del 1945. Durante il periodo di maggiore consenso del regime, si nota l'uso della datazione fascista anche nella corrispondenza personale e in alcuni portali di private abitazioni, al posto dell'abituale datazione che si usava, all'epoca, per indicare l'anno di completamento dell'edificio. Il termine "fascismo" nel mondo Il punto di vista anglo-americano Nei paesi anglofoni il termine è tradotto con Fascism. Questo termine viene usato:
Nel corso della Seconda guerra mondiale, la propaganda alleata tendeva ad utilizzare indistintamente il termine fascist per definire tutti paesi dell'Asse. L'intellettuale Noam Chomsky parla di regimi "sub-fascisti" per indicare regimi militari quali quello di Pinochet od altri dittatori del sudamerica, privi di qualsiasi contatto ideologico o ideale col fascismo se non l'avversione al comunismo. Il punto di vista marxista e socialista Presso gli intellettuali, i politici e gli storici di sinistra (ma spesso anche genericamente antifascisti), il termine "fascista" è talvolta usato per indicare qualsiasi regime autoritario di destra, specie quelli alleati dell'Asse durante Dal punto di vista di molte scuole interpretative marxiste, tuttavia, il fascismo in senso stretto è quello dell'Italia e della Germania: un "regime reazionario di massa" secondo la definizione di Palmiro Togliatti, accettata anche dal trotskismo internazionale e in qualche modo vicina alla definizione gramsciana di "rivoluzione passiva". In generale, il termine è tuttora usato presso l'area culturale marxista o post-marxista come epiteto dispregiativo nei confronti della destra. Un caso recente è stato quello del premier venezuelano Chávez, che ha descritto il primo ministro spagnolo Aznar come "un fascista"[59]. Le derivazioni del caso italiano Quando in Italia il partito fascista giunse al potere, nel resto dell'Europa (comprese Francia e Regno Unito) e del mondo non si guardò ad esso con sfavore, soprattutto per il suo impegno come argine al bolscevismoWinston Churchill e Mohandas Karamchand Gandhi) a esprimere simpatia per Mussolini ed il suo regime. D'altro canto l'esperienza fascista non mancò di provocare in Europa (e non solo) movimenti fascisti e filofascisti di emulazione, per lo più ideologica ed di immagine. Nella maggioranza di questi casi, infatti, la somiglianza col fascismo italiano è solo epidermica, legata a certi stilemi (saluto romano, colore scuro delle camicie, manifestazioni di massa etc.), al culto del capo e della violenza, e ad un feroce anticomunismo. In pochi casi si verificarono anche "gemellaggi" con la dottrina sociale, filosofica e politica vera e propria. Il più famoso dei movimenti para-fascisti fu il NSDAP (NationalSozialistische Deutsche ArbeiterPartei-partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Adolf Hitler. Seppure il suo capo avesse una genuina venerazione per Mussolini e qualche punto in comune con l'ideologia fascista, soprattutto l'anticomunismo, il nazionalismo e il culto della rivoluzione, all'inizio non aveva attratto particolari simpatie presso gli uomini del fascismo italiano; lo stesso Mussolini definì il Mein Kampf "un testo illeggibile".[60], mentre i giornali italiani espressero verso il nazismo (all'indomani della Notte dei lunghi coltelli) apprezzamenti del tipo "criminali e pederasti" all'indirizzo della dirigenza nazionalsocialista[61]. Successivamente la necessità per Mussolini di consolidare l'alleanza con Nel resto d'Europa, come già detto, furono molti i movimenti fascisti e filofascisti che si svilupparono e, soprattutto nell'Europa orientale, salirono anche al potere.
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| Meglio vivere un giorno da leone, che cento anni da pecora. |
2 | Chi si ferma è perduto. |
3 | Meglio morire in piedi, che vivere una vita in ginocchio. |
4 | Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi. |
5 | Nessun fenomeno al mondo può impedire al sole di risorgere. |
6 | Fedeltà è più forte del fuoco. |
7 | Pronti, ieri, oggi, domani al combattimento per l'onore d'Italia. |
8 | Libro e moschetto Fascista perfetto. |
9 | Me ne frego. |
10 | Boia chi molla. |
11 | Fino alla vittoria. |
12 | Molti nemici, molto onore. |
13 | Le radici profonde non gelano mai. |
14 | O con noi o contro di noi. |
15 | Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. |
16 | Siam fatti così! |
17 | L'Ardito della "M U T I" serve, combatte e muore per l'Italia, per il Duce, per il Fascismo. |
18 | Non siamo gli ultimi di ieri ma i primi del domani. |
19 | Meglio lottare insieme che morire da soli. |
20 | Non basta essere bravi bisogna essere i migliori. |
21 | Anche se tutti, noi no! |
22 | Ardisco ad ogni impresa |
23 | Beffo la morte e ghigno |
24 | Bisogna volere. Fortemente volere! |
25 | Chi osa vince! |
26 | Dio Patria. Ogni altro affetto, ogni altro dovere vien dopo. |
27 | Fate le glorie del passato siano superate dalle glorie dell'avvenire. |
28 | Fermarsi significa retrocedere. |
29 | La cinematografia è l'ar ma migliore |
30 | Italia agli italiani |
31 | In alto i cuori |
32 | Io mi vanto sopratutto di essere un rurale |
33 | L'archietettura è la sintesi di tutte le arti |
34 | La disciplina deve cominciare dall'alto se si vuole che sia rispettata in basso |
35 | Lavoratore, ricorda che anche tu sei soldato, che il tuo lavoro è la tua trincea |
36 | L'Italia fascista può se necessario portare oltre il suo tricolore, abbassarlo mai |
37 | Marciare, non marcire! |
38 | Nessuno ha potuto fermarci...nessuno ci fermerà! |
39 | Noi siamo sempre domani |
40 | Noi tireremo dritto! |
41 | Non è permesso a nessuno di vivere su quello che fu fatto da altri prima di noi. Bisogna che noi creiamo |
42 | Senza sforzo, senza sacrificio e senza sangue nulla si conquista nella storia |
43 | Ringrazia ogni giorno devotamente Dio perchè ti ha fatto italiano |
44 | Quella che chiamano la mia "dittatura" è basata su molto entusiasmo popolare |
45 | PANE, lo so, per averlo provato, che cosa vuol dire la casa deserta ed il desco nudo |
46 | Oggi non ci sono più italiani di ponente o di levante, del continente |
47 | Si stava meglio quando si stava peggio |
48 | Siamo quelli che siamo |
49 | Solo dall'armonia costituita dai tre principi: capitale, tecnica, lavoro |
50 | Sposi della vita, amanti della morte |
51 | Una maschia gioventù con romana volontà combatterà... |
52 | Vincere e vinceremo! |
53 | Vado verso il popolo e sono col popolo per comunione d'intenti e di spirito |
54 | Con le nostre macchine, come, soprattutto, col nostro popolo e con la nostra fede, andremo sicuramente verso la vittoria. |
55 | Il contadino deve rimanere fedele alla terra, dev'essere orgoglioso di essere contadino, fiero di lavorare il suo campo. |
56 | Il fascismo è l'uguaglianza verace e profonda di tutti gli individui di fronte al lavoro e alla nazione |
57 | Il fascismo femminile che si raccoglie intorno ai nostri gagliardetti è destinato a scrivere una storia splendida, a lasciare tracce memorabili, a dare un contributo sempre più profondo di passione e di opere al fascismo italiano |
58 | Il popolo italiano ha creato col suo sangue l'Impero. Lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque e con le sue armi |
59 | Il valore di un popolo non viene determinato solo dalle vittorie in guerra, |
60 | Mentre in tante parti del mondo tuona il cannone, farsi delle illusioni è follia, |
61 | Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente e la vittoria africana |
62 | Tutte le leggi umane, non quelle divine, sono il risultato di uno sforzo di uomini. |
63 | Noi siamo caduti e ci siamo rialzati parecchie volte. |
64 | Dovete sopravvivere e mantenere nel cuore la fede. |
65 | Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, |